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25-06-2016 15:02 Comitato Solidarietà Migranti,a Reggio bonifica baracca migranti

In questi giorni apprendiamo dell’entusiasmo di alcuni per l’opera di “bonifica” avvenuta in uno stabile del viale Aldo Moro, dove da più di un anno alcune persone di nazionalità indiana vivevano abusivamente in una piccola baracca. A dire di alcuni una risposta decisa, efficace, contro l’inerzia dell’amministrazione comunale e che riporterebbe l’“ordine” nel quartiere. Un’azione descritta come un ritorno alla “vera” politica che, in barba alle parole, agisce con i fatti.

Questa notizia – così sommariamente riportata- ci interroga, così come dovrebbe interrogare tutti quelli che ancora oggi considerano un valore il piacere e la pratica del dubbio, e ci fa avvertire l’urgenza di una riflessione molto più ampia ed aperta ad altri soggetti della sinistra cittadina.

 Ci rifiutiamo di ridurre ad una  questione di ordine pubblico un problema molto più complesso rappresentato dal “fattore casa” che, in questi ultimi anni, ha fatto precipitare molte famiglie sotto la soglia di povertà, emarginandole e posizionandole laddove ci fa comodo che stiano: dentro vagoni dismessi, avvolti nelle coperte sui marciapiedi, accampati nei sottopassaggi, sdraiati nelle sale d’attesa delle stazioni, accovacciate nei mezzanini. Senza un tetto, ma anche senza diritti.

Può davvero esistere una incapacità politica tale da non saper ricondurre un fatto singolo (lo sgombero di una baracca) a vicende più grandi, a problemi più complessi, a visioni meno parziali e più globali?

Si può davvero credere che la soluzione al problema dei senza tetto e senza fissa dimora di questa città, italiani e stranieri, possa essere lo sgombero forzato?

Le persone “magistralmente” sgomberate, come possono immaginare di costruirsi un futuro se ieri sono stati cacciati dalle loro case, oggi lo sono dalle baracche e…domani? Da dove li sgombererete?

Certo, per chi è abituato a vivere nelle (tiepide) case, con un reddito più o meno certo, è facile sentenziare su come e dove dovrebbero vivere gli altri, i diversi, quelli che “non sono come noi” e che per accentuare la distanza fra voi e loro etichettate come, zingari, rom, extracomunitari…semplicemente: poveri.

Tutti noi pensiamo che vivere in una baracca non sia dignitoso, per chi ci vive dentro e per chi accanto. Ma siamo anche convinti che sia il momento di cominciare una riflessione più seria, che non si fermi al qui ed ora, ma che sappia guardare almeno fino a dopodomani. E per farlo è imprescindibile ragionare sulla correlazione che esiste tra la vita di coloro che vivono ai margini e la loro discriminazione ed esclusione sociale. 

Invece di chiedere all’amministrazione lo sgombero forzato di una manciata di persone, non è forse il caso di interrogarla su come intenda affrontare l’emergenza abitativa? Sulla destinazione d’uso di tutti gli immobili sfitti o abbandonati in città?

Sentiamo forte l’urgenza di allargare i nostri orizzonti personali per risalire dal particolare a più grandi processi, sforzandoci di andare più in là, e in tanti, con la certezza che la “vera” politica non è quella di chi sposta il problema in angoli angusti, lontani ed invisibili, ma di quell’ognuno che si sente responsabile di tutto e che è disposto ad immergersi nella miseria umana ricercandone le cause, prima di “bonificarne” gli effetti.

Comitato Solidarietà Migranti

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